Come rimarcato da Sez. 3, n. 42204 del 17/12/2002, Montelli, Rv 223600, richiamando altresì quanto concordemente affermato dal Consiglio di Stato, sia in sede consultiva sia in sede giurisdizionale, “la sottoposizione a controllo amministrativo dell’attività di vigilanza e custodia, svolta in forma imprenditoriale, è qualificata dal fatto che essa è suscettibile di interferire con la funzione di polizia, in quanto costituente attività integrativa di essa”. La subordinazione dell’attività
di vigilanza al rilascio dell’autorizzazione prefettizia dipende, quindi, “dal pericolo di compromissione della sicurezza pubblica e della libertà dei cittadini, pericolo che può derivare anche dall’attività – integrativa – diretta alla segnalazione dei reati contro il patrimonio mobiliare o immobiliare e non solo dall’esercizio di attività professionali svolte con l’impiego di armi”.
Tanto ineludibilmente postula, perciò, da un lato che essa sia svolta in forma professionale, o imprenditoriale che dir si voglia (e non sembra doversi qui ricordare che l’impresa può essere anche
individuale); dall’altro che sia rivolta alla protezione o al soddisfacimento di interessi di un numero indeterminabile a priori di “terzi”, giacché solo la potenziale diffusione della attività e il generico coinvolgimento di qualsivoglia terzo consente di ritenere configurabile quell’astratto pericolo per la “pubblica sicurezza” che integra l’oggettività giuridica della violazione sanzionata ai sensi, appunto, del “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” (nello stesso senso, segnalando che deve comunque trattarsi di “attività imprenditoriale di vigilanza e custodia di beni per conto di terzi”, Sez. 3, Sentenza n. 1605 del 16/12/2009 Provvidenti, Rv. 245868). È dunque la natura stessa del complesso normativo in cui le disposizioni incriminatrici sono inserite, che esclude che possano essere ricondotte a tale ambito comportamenti di controllo e ricerca di informazioni svolte da un privato nel suo particolare interesse e nei confronti di una singola persona, come è avvenuto nel caso di specie: di marito che, facendosi aiutare da un affine, ha controllato per un certo periodo la moglie, e solo lei.
Cassazione n. 48264/2014.